
33° CONVEGNO INTERNAZIONALE
"Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" (Lc 9,35)
Il XXXIII Convegno della Comunità Maria viene introdotto dall'editoriale di Don Fabio pubblicato nel numero 1, anno 2009 della Rivista «Comunità Maria».
Gesù è il vero roveto ardente. In Lui più di tutti arde il fuoco dello Spirito, Lui più di tutti è il segno vivente della presenza di Dio nel mondo, colui davanti al quale togliersi i calzari (biblicamente parlando, il segno dell'autorità, della dignità, presentarsi scalzi equivale a sottomettersi, a riconoscersi servi).
Ciò che accade nel momento della trasfigurazione è precisamente questo, che Gesù permette ai suoi di vedere, attraverso il velo della carne, ardere questo fuoco, ovvero la presenza di Dio in Lui. Da qui il riconoscimento solenne: questi è mio figlio l'eletto (Lc. 9,35). Ma in verità in ciascuno di noi battezzati arde il medesimo fuoco dello Spirito, su ciascuno di noi è stata pronunciata la medesima parola, e sebbene il velo della carne nasconda, a volte anche pesantemente, questa luce, tutti noi siamo questo roveto ardente, almeno potenzialmente, e se guardassimo ai nostri fratelli con gli occhi della fede, se fossimo capaci di discernere al di là del peccato e del velo di carne la presenza di Dio, dovremmo toglierci i calzari l'uno di fronte all'altro, riconoscendoci l'un l'altro come servi (cfr. Gv.13,12-20).
Questo è il presupposto di qualsiasi comunità cristiana, e ancor di più di una comunità carismatica: riconoscere la presenza di Dio nel fratello, riconoscere il suo essere roveto ardente. Se davvero vogliamo essere Comunità, dobbiamo partire da qui, da questo credito di fiducia reciproca, che ci fa dire l'uno dell’altro: "Ecco il figlio di Dio l'eletto"!
Quando invece il peccato o il velo della carne coprono questa presenza, rendendo "opaco" il nostro fratello, impedendogli di brillare di quella luce, cosa fare? Allora dobbiamo sentirci responsabili per lui. Allora il nostro primo dovere sarà quello di far risplendere la luce divina attraverso il velo. Di aiutarlo a far emergere la luce di Colui che abita nel suo profondo, più intimo a lui di se stesso, e che forse lui nemmeno conosce.
Quando Mosè vede il roveto ardente bruciare il suo primo pensiero è stato "voglio avvicinarmi". Anche in noi deve esserci lo stesso desiderio di avvicinarci, ovvero di "farci prossimi". Avvicinarci a Gesù, sempre di più, per poterlo ascoltare sempre meglio, avvicinarci al fratello, sempre di più, per poterlo meglio servire. Non si può ascoltare a distanza e non si può servire a distanza! Servire e ascoltare presuppongono lo stesso movimento, che è una disponibilità ad uscire da se stessi, a mettere da parte i propri pregiudizi, le proprie paure, abbassare gli schermi difensivi e mettersi a disposizione.
Non per nulla Dio si rivolge a Mosè solo perché lui ha accettato di avvicinarsi (Cfr. Es. 3,4). L'ascolto di Dio non è mai solo passivo, implica invece sempre un'adesione da parte nostra, una ricerca, un "avvicinarsi" appunto che rende possibile a Dio di incontrarci. Forse è proprio questo il maggiore ostacolo che ci impedisce di ascoltare la parola di Dio, il fatto cioè di non essere disponibili ad "avvicinarci" alla Parola.
In questo mondo, pieno di parole e di messaggi, la Parola di Dio suona flebile e appena intelligibile, mentre scrivo questo articolo sono a New York ed osservo come le chiese sembrano scomparire, ingoiate tra i grattacieli che le superano da tutte le parti. Le "parole" della ricchezza e del potere sembrano prevalere su tutto, ed è molto più facile ascoltare quelle che la Parola di Dio.
Sembra una perfetta metafora del nostro tempo. Forse allora l'unico modo che ha Dio per comunicare con noi, per trasmetterci l'urgenza del suo messaggio, perché questo non sia omologato e massificato in questa overdose quotidiana di informazioni che subiamo, è quello di scegliere il linguaggio della piccolezza contro la mitologia della grandezza, del sussurro contro le grida, della modestia contro lo sfarzo, in modo da costringerci così ad avvicinarci.
Insomma, in una parola, Dio ci parla sottovoce, se davvero vogliamo ascoltarlo dobbiamo far tacere tutte le altre "parole" e farci strada attraverso le false immagini e i pensieri fuorvianti che si affollano in noi, per presentarci al suo cospetto, di fronte al Figlio amatissimo, che è il vero roveto dove arde la Parola di Dio. Se sapremo far questo però permetteremo alla Parola di ardere anche dentro di noi (Cfr. Ger. 20,9), proprio la qualità del nostro ascolto permetterà al fuoco dello Spirito di superare il velo della nostra carne facendo anche di noi dei roveti ardenti. Allora anche noi diventeremo un segno per il mondo e attraverso di noi la Parola di Dio potrà incendiare il mondo con la forza del Vangelo.