
39° CONVEGNO NAZIONALE
“Chi ci separerà dall’Amore di Cristo?” (Rm 8, 35)
Con questo Convegno è iniziato, per la Comunità Maria, un tempo nuovo maturato nella consapevolezza di aderire nel profondo ad un particolare richiamo del Signore che ci esorta a vivere con pienezza la vocazione alla santità nella contemplazione e nella incarnazione dei carismi di Maria.
Un cammino di conversione lungo un anno! Così la Comunità Maria misura il succedersi del tempo! Non i giorni, le settimane, i mesi, ma lo spazio che intercorre tra un Convegno e l’altro! Uno spazio scandito dal succedersi delle Profezie, Parola di Dio, che accompagna l’assemblea lungo un cammino di salvezza con le varie tappe: corsi per animatori, seminari per le effusioni, giornate comunitarie, incontri regionali.
La Profezia è la Parola di Dio che scruta, interpella, provoca, attira fino a quando non “seduce” e comincia a plasmare. “Ecco, Io faccio entrare in voi lo Spirito e voi rivivrete” (Ez 37,5) aveva promesso il Signore nel Convegno dello scorso anno, ed ora, sotto la vigile e materna presenza di Maria, la Comunità rivive e manifesta la bellezza, il vigore e l’entusiasmo dei primi tempi e, con la prorompente e gioiosa vitalità dello Spirito, oggi converge verso la tenda che ospita dal 23 al 26 aprile, il suo 39° Convegno.
È un unico grande fiume di volti sorridenti, in cammino verso la “Terra Promessa”. E la Terra promessa è qui, nella vasta sala dove un’icona sovrasta il palco e attira lo sguardo e l’anima dei convenuti: una Icona Trinitaria in cui Gesù abbraccia una creatura che posa il capo sul Suo Cuore, e quelle braccia fanno, di due, una creatura sola, un unico corpo, una sola viva realtà. Accanto a loro una bianca colomba, lo Spirito Santo. I tre soggetti sono una cosa sola, l’uno è parte integrante dell’altro, inscindibile. Più ancora delle parole, l’Icona dice il senso di appartenenza dell’Uno all’altro.
Chiunque entrerà in questo luogo sarà là, tra quelle braccia, porto sicuro della Misericordia di Dio. E chi potrà mai staccarci da questo Amore? Prima ancora che inizi, siamo già nel cuore del Convegno: “Chi ci separerà dall’Amore di Cristo?” (Rm 8, 35)
23 aprile
“Signore, ti invochiamo su questo Convegno – prega don Fabio Bartoli, imponendo le mani sull’assemblea – Tu ci hai chiamati e noi siamo qui, perché vogliamo ascoltare la tua voce. Senza la Tua voce siamo come pecore senza pastore!” Gesù in Persona, attraverso le mani del sacerdote, benedice il suo popolo. È l’inizio di un portento d’Amore che si percepisce come potenza dall’alto:
potenza dello Spirito, potenza dell’Amore di Dio, potenza a cui non si potrà mai più voltare le spalle.
La celebrazione Eucaristica che segue è presieduta da Sua Em.za Rev.ma Cardinale Elio Sgreccia,
Presidente Emerito della Pontificia Accademia per la Vita, titolare della nostra Chiesa Madre di S. Angelo in Pescheria. Il “nostro” Cardinale, noto per il suo impegno in difesa della Vita e della Famiglia, è per la Comunità Maria una guida paterna e al tempo stesso autorevole.
Nell’Omelia, in cui commenta un passo tratto dal VI cap. del Vangelo di Giovanni, accende una luce di riflessione sull’Amore del Padre che “ha tanto amato il mondo da dare ad esso Suo Figlio”, e sintetizza il profondo contenuto in tre passaggi: il Pane vivo disceso dal cielo è quel Gesù risorto
diventato Sacramento per la salvezza di ogni uomo.
Quell’atto d’Amore non si è esaurito, ma è diventato Sacramento per la salvezza di ognuno.
Il Pane vivo presente nell’Eucaristia – vera carne e vero sangue di Gesù - si immedesima in ognuno di noi e chi si identifica in Lui mangiando la Sua carne e bevendo il Suo sangue, avrà in sé la vita.
Il cristiano che assume il frutto Eucaristico non può tenerlo per sé, ma, come Filippo inviato dallo Spirito sul carro del ministro del sultano, deve portare Cristo al “carro” della politica, dell’economia, del progresso, della società, e far riconoscere che Egli è presente in tutti gli uomini, perché ha sposato l’umanità intera.
Scende la sera su questo primo giorno di Convegno. Il cuore si dilata per contenere tutta la Grazia che il Signore vi ha riversato. Volgendo lo sguardo attorno si colgono i segni di un mondo familiare e consueto: il traffico delle automobili che sciamano verso il centro, il vocìo concitato dei richiami, le luci sfavillanti dei negozi. Però in molti è viva una sensazione: il popolo di Dio, oggi, ha abitato un piccolo lembo di Paradiso.
24 aprile
L’androne risuona delle grida festose dei bambini, mentre nella sala che brulica di fratelli giunti da ogni dove, si rinnova la gioia degli incontri e dei saluti.
Questa gioia sincera di ritrovarsi trasmette un senso di “famiglia”.
Con il cuore in festa, la preghiera si apre con un profetico e rassicurante: “Voi mi appartenete. Siete miei figli, amati e voluti da Me”.
È una “dichiarazione d’amore” che scende nei cuori e accende un fuoco ardente di preghiera: lode, intercessione e canti si fondono in un’unica armonia saturando l’aria di celesti benedizioni. È una sorgente d’acqua viva cui tutti possono dissetarsi.
Entusiasti e instancabili, i ragazzi preposti ad animare i canti danno una forte testimonianza di fede e di gioia. Le loro voci, sorrette dal suono degli strumenti, invadono ogni angolo della sala e incoraggiano l’incontro personale con Gesù.
Al termine della preghiera, l’insegnamento di Padre Ennio di Giampasquale sul tema del Convegno, che pubblichiamo di seguito.
Come sempre in ogni Convegno o raduno delle varie realtà locali, l’Adorazione Eucaristica rappresenta un culmine insieme drammatico e celeste per ciascuno di noi. Di una cosa siamo certi: non potremmo farne a meno mai! Non possiamo rinunciare a quest’ora di Paradiso anticipato!
Gesù passa, come duemila anni fa, in mezzo al suo popolo che lo acclama “Signore e Re”.
Preghiere e canti esprimono un unico afflato: appartenere a Cristo Signore, vivere in Lui un rapporto d’Amore intenso, intimo, profondo.
Percepire con ogni facoltà del proprio essere tanto Amore, è davvero un dono straordinario di Dio!
Nessuna bocca può restare chiusa. Fluttua nell’aria un’ incessante preghiera, un sussurro, un mormorio leggero. Respiriamo, come fosse la prima volta, il soffio di una nuova vita piena di Spirito Santo. Si chiudono gli occhi e ci si lascia immergere nella Sua Pace.
Ma non c’è passività: Gesù emana dall’Altare una forza vitale che attira e pervade ogni creatura.
La corsia centrale, prospiciente l’altare, è un tappeto di persone prostrate in adorazione.
Per uno “strano” gioco di luci, si proietta sulla tenda l’ombra della statua della Madonna.
Grande, immensa, la Madre ci accoglie tutti nel suo grembo materno. Con Lei e grazie a Lei, potremo perseguire e realizzare nella nostra vita l’insegnamento di Paolo: “Tu, uomo, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza, combatti la buona battaglia della fede”. (Tm 6, 11-12)
Le occasioni di incontro con Sua Ecc. Mons. Matteo Maria Zuppi, già Vescovo ausiliare di Roma, settore centro, sono sempre motivo di grande e reciproca gioia, manifestata da ambo le parti, senza alcuna formalità: da parte del Prelato con quel suo modo di fare schietto, gioviale, coinvolgente, ormai familiare; da parte dell’assemblea con ripetuti e calorosi applausi che esprimono condivisione e stima Nella sua Omelia, Mons. Zuppi, fa notare come le letture del giorno, siano lampada accesa sul tema del Convegno: Anania va incontro a Paolo, il persecutore, lo chiama fratello e gli impone le mani perché recuperi la vista. In questo cambiamento radicale di mentalità e di atteggiamenti di entrambi – di Anania e di Paolo - è insito il senso di resurrezione, di Pasqua.
C’è la volontà, il desiderio di accogliere quella forza dello Spirito Santo che è la forza dell’Amore. Ci sono tanti Saulo e tanti Anania nel mondo, creature che devono recuperare la vista e altre che devono imparare a vedere nel nemico il fratello. Solo la forza dell’Amore potrà guarire queste cecità e ridare la vita.
“Imparate a vedere nel nemico il fratello”! E su questo …compitino per casa, assegnatoci da Mons. Zuppi, scende il tramonto di questo secondo giorno di Convegno.
25 aprile
nonostante il Signore annunci di volerci far riscoprire l’ebbrezza dell’innamoramento e non manchi il desiderio di mettersi con gioia davanti a Lui.
Arriva in soccorso il canto ”Solo una cosa io chiedo al Signore, di gustare tutti i giorni la sua dolcezza e contemplare la sua dimora”. Ma è il discernimento dei fratelli che animano la preghiera a far riconoscere subito che ci troviamo nel mezzo di un combattimento spirituale contro un demone “sordo e muto” a cui, talvolta, Dio permette di intrufolarsi, perché i suoi figli possano rendersi conto dei pericoli che insidiano la preghiera. È questo il momento di tirar fuori le armi spirituali che il Signore ha donato alla Comunità, con determinazione, con fede, perché il Signore non si ferma davanti a nulla, ma si serve dei suoi figli per combattere il male nel Suo nome.
Assumono una particolare connotazione le parole “Chi mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto al Regno di Dio”.
Adesso, finalmente, la preghiera vola libera, potente, incisiva. Viviamo l’Amore in tutte le sue manifestazioni.
Veniamo inviati a donare Gesù ai fratelli in difficoltà, a intercedere per loro con amore, forti nella certezza che la potenza di Gesù salva, libera, guarisce, rigenera.
Andiamo incontro alle loro necessità, ai loro bisogni, con semplicità di cuore, con fede, con compassione. E una sola è la nostra preghiera, quella di Pietro allo storpio della Porta Bella: “Non ho né oro, né argento, ma quel che ho te lo do: nel Nome di Gesù sii guarito...”.
Un membro del Comitato di Servizio, strumento docile nelle mani dello Spirito, ha condiviso con l’assemblea l’insegnamento dal tema “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi” (Mt 11,28)
Il relatore ha individuato in “quattro momenti fondamentali” il cammino di fede in Comunità per seguire quel Gesù “mite ed umile di cuore”.
Nella preghiera personale davanti al Signore.
Vivere ogni evento della giornata davanti a Lui è un impegno che porta frutto: ringraziarlo e lodarlo nella gioia e nel dolore e in tutte le molteplici realtà che costituiscono la nostra quotidianità, trasforma il nostro vivere in preghiera.
Tutto è degno di essere vissuto e offerto al Signore, anche la fragilità e il peccato. In questo modo ci inseriamo istantaneamente nel dinamismo di morte-resurrezione che opera l’amore di Dio sulle nostre povere vite e diveniamo, autenticamente, preghiera.
Nella vita familiare: la famiglia è il luogo dove istintivamente si apre il divario tra l’essere e l’apparire; è il luogo dove si vive senza maschera, ma è proprio questo il luogo in cui il Signore ci chiede di essere testimoni di amore, di umiltà, di pace, di generosità, di donazione. Inevitabili sono i contrasti, le incomprensioni. Ma quando si cade ci si rialza, con la naturalezza di un bambino e con l’aiuto di Dio.
Nel posto di lavoro: attenzione, è là che ci giochiamo il nostro “vivere da risorti”, il nostro essere cristiani, la nostra santità. Il demonio ci attacca ovunque, mai abbassare la guardia. Il segreto è stare sempre nell’ascolto dello Spirito per discernere insidie e inganni. Non sono possibili compromessi con la nostra fede in ciò che concerne il nostro dovere quotidiano nel lavoro e i rapporti tra i colleghi e le persone che la nostra professione ci fa incontrare.
Nella vita comunitaria: qui continuamente sperimentiamo il grande dono della lode e della preghiera.
Non è una tecnica da applicare: è parlare con Dio e condividere con i fratelli la Sua Parola! E impariamo pure a condividere con loro i pesi, gli affanni, i dolori.
Impariamo a lavarci i piedi gli uni con gli altri e a vedere Gesù negli occhi del fratello. È questa la strada per sbarrare la porta a satana e ad ogni spirito di divisione. È il Signore il centro della Comunità: fare la Sua volontà è percorrere insieme il cammino della santità, perché il nostro fine è essere santi. Per questo non distogliamo lo sguardo da Maria: la Comunità Maria è la madre di tutte le comunità e il segreto per vivere in essa è “essere mariani”, cioè incarnare i carismi di Maria del silenzio, dell’ascolto carismatico, del nascondimento, della fede.
Oggi la Comunità accoglie con gioia particolare Sua Ecc. Mons. Gervasio Gestori, Vescovo Emerito della Diocesi di S. Benedetto del Tronto - Ripatransone - Montalto, nostro fraterno amico da moltissimi anni.
E lui stesso si sofferma più volte tra i fedeli che gli fanno ala per salutare e benedire. Ci sentiamo come avvolti nel suo paterno abbraccio.
Nella sua omelia, Mons. Gestori ricorda che Gesù partì da un ordine preciso: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a tutte le creature“, ordine cui gli Apostoli, uomini ignoranti e illetterati, prontamente ubbidirono. E noi oggi, qui, siamo la testimonianza del successo della loro missione. Non tutti, ovviamente, accolsero la Buona Novella; altri addirittura si misero davanti come ostacoli alla diffusione del Vangelo. Altri ancora accesero persecuzioni. Ma i veri nemici di Dio non sono gli uomini superbi, bensì chi ci sta dietro, cioè il diavolo che, nella lettera di Pietro, è definito “leone ruggente in cerca di chi divorare”. La parola “diavolo” deriva dal greco e significa “colui che divide“. La specialità del diavolo è la divisione, provocata dalla menzogna. Ma il diavolo non è onnipotente, ecco perché l’apostolo Paolo esulta: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?...”
Il diavolo non si presenta con vesti diaboliche, ma simboliche (simbolo vuol dire unione). Si presenta con le facili e gratificanti promesse con le quali prima seduce e poi uccide. Ma “In tutte queste cose noi siamo più che vincitori...”, cita Mons. Gestori, facendo esplicito riferimento all’ottavo capitolo della Lettera ai Romani che definisce “il più potente antidepressivo che esista in circolazione!...”
Nonostante le inevitabili difficoltà e le sofferenze che scandiscono il cammino della nostra vita, dobbiamo ritenerci fortunati, perché in ogni prova ci sostiene la fede e la consapevolezza che siamo di Cristo. E siamo anche beati! Sì, beati, come recita il salmo: “Beato il popolo che Ti sa acclamare”.
È il pomeriggio del sabato. Siamo al terzo giorno di convegno e dovrebbero manifestarsi i primi segni di cedimento, di stanchezza, invece la preghiera inizia nell’esultanza del canto “Questa è la gente che loda il Signor…” e, a seguire, “Alzati, risplendi. La tua luce è qui… Solo il tuo Dio ti illuminerà!
La gioia si concretizza in gesti di comunione fraterna.
Siamo quei piccoli dal cuore aperto su cui il Padre riversa la Sua benevolenza abbattendo i muri di separazione o di difesa che erigiamo verso gli altri e, inconsciamente anche verso di Lui.
Ma ora il Signore vuole fare verità e nel silenzio del cuore ci interpella: “Mi ami tu?....Mi ami tu nelle difficoltà e nelle prove ? Mi ami tu in quella persona che ti fa del male? Mi ami tu quando devi sopportare un’ingiustizia, o l’arroganza o l’arrivismo di qualcuno?”
Il Signore ci guida verso una maturità spirituale che nulla ha più a che fare con la fragile euforia di una emozione e ci chiede risposte radicate in un progetto di conversione sincera, autentica; un progetto radicato nella fede in Lui, in Lui che altro non chiede che di vivere in noi.
Aderiamo pienamente alle parole del Profeta (Is 44, 6-8) che risponde per noi, e la cui eco risuona nei cuori: “ECCOMI”!
La potenza dell’Amore del nostro Dio è così presente e forte che tutti ne siamo investiti. Diventiamo una voce sola che invoca guarigione e liberazione per i presenti e per tutti quelli che sono nei nostri cuori.
Siamo intercessione e per quel dono di fede che accogliamo, si sciolgono catene, si sgretolano fortezze.
Una voce annuncia: “Eri morto e sei tornato alla vita; eri perduto e sei stato ritrovato”. Gli angeli e i santi intercedono con noi e per noi insieme a Maria, la Mamma sempre vicina. Ella ci indica la strada che Suo Figlio ha aperto per noi nel deserto. (Is 43, 16-21) L’ha percorsa Lei per prima, la strada dell’umiltà e del nascondimento, verso cui ci attira lo Spirito Santo che plasma quel “popolo che celebra le lodi del Padre”.
26 aprile
Senza quasi rendercene conto, siamo giunti a domenica, quarto ed ultimo giorno di Convegno.
Sembrava che non dovessimo più scendere da questo Tabor. Ci stavamo bene. Ma sentiamo anche che, forse, proprio ora comincia la fase più importante: meditare sulle parole e sugli eventi per essere “ chicco di grano” e “sale della terra”. Comincia ora il tempo di accostarci più che mai ai carismi di Maria per poter incarnare responsabilmente e con gioia il suo “Eccomi”.
II Signore, Padre buono e sollecito, continua a prendersi cura di noi, a stupirci e a coinvolgerci con la Sua tenerezza. Questa mattina, in particolare, è venuto a curare la sofferenza legata alla solitudine, oggi uno dei mali più radicati nel cuore degli uomini e radice di tanti problemi; il primo stadio di una “escalation” che culmina con la morte, dell’anima e del corpo. “Non temere piccolo gregge perché Io sono con te..”.
E manda noi, servi inutili, come duemila anni fa, gli apostoli, ad annunciare la Sua Parola, a portare la Sua luce a chi vive nelle tenebre, ovunque siamo!...E conferma con la Parola il Suo mandato:
“...Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”( Mt 28, 16-20)
Chiede di essere accoglienza verso il fratello; di amare, di compatire, di essere nel nome e nella sostanza “Comunità Maria”, cioè “madre”, cioè Chiesa! E come Comunità e come Chiesa ci manda ad annunciare un Vangelo di speranza e di salvezza, chiaro, inequivocabile: “Pace al mondo. Cristo è risorto!”
Il canto dei “ liberati” vola, potente, alto nel cielo. È un rendimento di grazie e di lode al Signore! È un rinnovato impegno a servirlo con i doni che abbiamo ricevuto nel Battesimo e che lo Spirito Santo continuamente rinnova.
Giungiamo alla fine del 39° Convegno della Comunità Maria con la Celebrazione Eucaristica presieduta da Padre Ermete Aceto, nostro Referente Ecclesiale.
La sua Omelia, come sempre profonda e chiara, è un ulteriore dono che il Signore ha preparato a conclusione di questi giorni.
Nella sua riflessione sul Vangelo, evoca l’immagine di Gesù Buon Pastore che si prende cura delle sue pecore, e in particolare di quella smarrita. Lui è il Salvatore che va in cerca dell’umanità intera. Questo è il senso di quel segno estremo di dare la vita per noi. Si è presentato nel Cenacolo mostrando i segni della Sua passione, i segni indelebili del Suo Amore universale, e ha detto: “Pace a voi!”
Sappiamo tutti quanto bisogno ci sia di pace.
Ognuno deve desiderare e chiedere al Signore la pace per il proprio cuore, per la propria famiglia, per quanto lo circonda. E questa Pace è frutto dello Spirito Santo. Quando il Signore Risorto ha dato la Pace ai suoi Apostoli nel Cenacolo, ha “alitato” su di loro lo Spirito Santo, lo Spirito di vita. Lo Spirito ci fa testimoni credibili e portatori autentici della Pace di Dio.
Altra situazione di cui si sente particolare urgenza in questi tempi è recuperare la dignità, la dignità dell’uomo, la dignità della donna. Papa Francesco ci indica una via che è quella della famiglia, in contrapposizione ai falsi miti, alle divisioni, alle false “conquiste” di civiltà, come, da ultimo, il “divorzio breve.”
Nella famiglia nasce la vita, ma il mondo, la legislazione sono contro la famiglia. La vita è il primo dono che dobbiamo accogliere, proteggere, difendere, far crescere. Compito della famiglia è di trasmettere la vita fisica, ma anche la vita spirituale, quella che dà la dignità dei figli di Dio. La premura del Papa è di ridare la dignità perduta, di rivestire l’uomo e la donna della dignità che solo lo Spirito Santo può dare.
“Oggi il mondo e la Chiesa hanno bisogno di una grande misericordia – prosegue il nostro Referente - e il gesto concreto del Papa è stato quello di istituire il Giubileo della Misericordia che coincide con qualcosa di importante anche per noi: 40 anni di cammino della Comunità Maria Il numero ci ricorda i 40 anni di esilio nel deserto del popolo di Israele e l’entrata nella Terra Promessa.
Non ci aspettiamo una terra promessa in questi orizzonti terreni, ma qualcosa di nuovo nello Spirito!”
Sottolinea, quindi, la necessità di metterci tutti nell’ascolto dello Spirito, con docilità e lasciarci condurre in questo “esodo”, vero passaggio – da quello che riteniamo già acquisito - per rimetterci in cammino e per riaccogliere in modo nuovo la Pentecoste.
Padre Ermete, infine, ricorda che il Signore ha suscitato la Comunità Maria, piccola cellula della Chiesa e cuore pulsante d’Amore, per evangelizzare.
L’invito è di essere testimoni con la nostra vita dell’Amore di Cristo e di farlo trasparire dai nostri occhi, e conclude: “Il vero carismatico è chi ama Gesù.”
Rappresentazione sacra
I ragazzi delle Comunità di Puglia e di Cardito hanno voluto donare ai partecipanti al Convegno uno spettacolo teatrale. In modo particolare questa rappresentazione è dedicata a due giovani fratelli che non sono più tra noi…anche se sono con noi: Louis ed Elisa.
L’intensa commozione suscitata dal loro ricordo si stempera all’arrivo sul palco di un giovane dall’aspetto imponente che si presenta sulla scena in vesti regali, la corona sulla testa, uno scettro in mano e una folta barba bianca. Rappresenta Dio Padre: è accolto da applausi fragorosi di incoraggiamento e di compiacimento.
Con tono non scevro da una sottile vena di ironia, Dio Padre ripercorre le tappe più significative della Genesi mettendo in risalto come tutta la Creazione, dal primo momento ai giorni nostri, altro non è stata che un infinito atto d’amore per l’uomo. Ha riproposto all’attenzione del pubblico la storia di Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, di Noè con il diluvio universale e di Mosè alle prese con le Tavole della Legge.
Le note vicende, raccontate dal suo punto di vista, suscita spesso l’ilarità del pubblico.
Con stupore, Dio Padre si rende conto come, in definitiva, le cose, ai giorni nostri, non siano molto cambiate dai tempi del peccato originale, del diluvio e della schiavitù in Egitto. Però quello che non è mai cambiato nel tempo, è stato il Suo Amore, la Sua fedeltà. Ci assicura, anzi, che con il Suo Amore Egli ha sempre vegliato sulla storia dell’umanità.
Ed ecco sulla scena irrompono i ragazzi protagonisti di vari sketch. Con grande talento, essi mettono in rilievo le debolezze e le manie degli uomini moderni sempre più presi dalla tecnologia, ma sempre più lontani da Dio, spinti dal proprio ego verso obiettivi materiali di immediato appagamento che spesso ledono la dignità della persona.
Alla fine di questo excursus sulla vita dell’uomo, Dio Padre svela il senso della rappresentazione ispirata dal passo profetico del Convegno. Ci dice di avvicinarci a Lui senza paura, di rimanere nel Suo Cuore perché nessuna debolezza, nessuna fragilità umana, nessuna infedeltà potrà mai separarci dal Suo Amore.