
40° CONVEGNO NAZIONALE
“Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1, 30)
22 aprile
La Comunità è in cammino da 40 anni, nel silenzio e nel nascondimento di Maria che ha tracciato i sentieri che convergono verso l’unica meta: Cristo Signore, che è la Via, la Verità e la Vita.
Il richiamo era forte e il tempo che ci separava dal Convegno, il 40° della Comunità Maria, sembrava ancora inesorabilmente lungo. Eppure i preparativi assorbivano un tempo che forse sarebbe stato auspicabile dilatare, più che ridurre. A esercitare un richiamo così pressante sui convenuti poteva essere la suggestione della “cifra tonda”, la gioia di ritrovare amici e fratelli, l’entusiasmo di essere parte viva di un evento significativo nella storia personale e comunitaria.
Certamente era tutto questo, ma non solo questo! E quando furono presentati all’assemblea degli animatori di Roma l’icona e il canto relativi alla profezia, tutto fu chiaro: il lievito che faceva fermentare la pasta, era Lei, Maria.
Maria è il cuore e l’anima della Comunità, è “Madre di quella nuova umanità che rinasce sempre dal mistero della Croce”. (Padre Ermete nell’omelia del 25 ott. 2015). Stare davanti a Lei, è stare alla presenza di Dio, immersi nello Spirito; è accogliere il “miracolo” dello Spirito in noi per convertirci; è oltrepassare la nostra personale “porta santa” che filtra la nostra umanità per lasciare al di qua resistenze, compromessi, sterili egoismi, contraddizioni. Senza un autentico desiderio e volontà di conversione personale e comunitaria, la partecipazione a questo Convegno sarebbe un inutile “cembalo risonante”.
E così, come mendicanti dell’Amore, con il solo fardello della nostra vita, entriamo nella nuova Tenda del Convegno, luogo sconosciuto a tutti, ma non ci è sconosciuto il volto di Maria; la sua immagine, che sovrasta il grande palco in fondo alla sala, commuove nel profondo e induce a sostare in atteggiamento di tacita contemplazione.
In questo luogo pieno di luce, attraverso la Madre, incontriamo il Signore. Permettiamogli di ristorarci.
Siamo al Suo cospetto per ringraziarlo, per lodarlo e benedirlo, consapevoli che le nostre esistenze sono sempre state nelle Sue mani provvidenti.
Ai piedi dell’altare è stata posta una composizione floreale che ha in sé un chiaro significato: è un grande cuore fiorito, simbolo di ciò che il Signore farà dei nostri cuori: lo farà perché “…abbiamo trovato grazia presso Dio.” (Lc 1,30)
Le braccia si alzano in un atteggiamento di fiducioso abbandono alla Sua Paternità. La tenda sembra “esplodere” per la forza e l’armonia di un canto in lingue che è supplica e lode insieme, inno di gloria alla potenza dello Spirito Santo che opera guarigioni, liberazioni, ma soprattutto suscita in molti un desiderio autentico di conversione del cuore.
È questa la strada e la condizione per entrare in un rapporto profondo ed intimo con Colui che non cessa di intercedere presso il Padre. Nel nome di Gesù e sotto l’azione potente dello Spirito Santo tutto è possibile.
È il messaggio che si coglie anche nelle parole del Cardinale Elio Sgreccia che, nella sua Omelia, esorta l’assemblea ad avere il coraggio di annunciare il Cristo Risorto, come San Paolo quando ad Antiochia, sotto l’azione dello Spirito, annunzia la Resurrezione di Gesù ad opera del Padre, nonostante la miscredenza di quella comunità. Malgrado si trovi in un ambiente fortemente ostile, Paolo annuncia la verità e solo la Provvidenza di Dio lo salva dalla condanna alla lapidazione. Così l’Apostolo ci insegna che il messaggio di Cristo va annunciato in ogni caso, sia che venga accettato, sia che venga rifiutato, anche nel momento storico attuale, che vede una forte persecuzione contro i cristiani in tutto il mondo.
Nella nostra stessa vita quotidiana è difficile, ma doveroso per tutti, portare avanti senza paura i principi della Chiesa, anche su temi impegnativi come l’indissolubilità del matrimonio o la castità prematrimoniale, in una realtà dove tutto è precario e soggetto a cambiamenti repentini, sotto le spinte delle varie mode del momento.
Commentando, poi, il Vangelo di Giovanni, Don Elio si sofferma sull’amore di Gesù verso gli Apostoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore! (Gv 14, 1-2)
Vivere la fede significa quindi sentirsi accompagnati da Cristo, sentire la Sua presenza nella nostra vita, credere che Gesù ci è sempre vicino, vivendo in comunione con Lui, che è Via, Verità e Vita.
Il Risorto – continua Sua Eminenza – è presente e vivo nella Chiesa e in ogni cristiano; anche nel Sacramento del matrimonio, che deve essere vissuto in un rapporto personale con Cristo, cercandolo e scoprendolo nel volto dell’altro, amando e perdonando come il Signore fa sempre con noi.
Facendo riferimento al “Sinodo sulla famiglia”, al quale il Cardinale ha partecipato per nomina papale, ricorda la ricchezza della famiglia così come ci è stata donata da Dio, mettendo in rilievo tutta la bellezza e la grandezza di questo dono della Sua misericordia.
Anche per le coppie separate ha parole di accoglienza e di speranza, perché le famiglie spezzate vanno accompagnate in un itinerario di “inclusione” alla vita ecclesiale. Questo non vuol dire che sia una “bazzecola” la separazione.
Esiste, infatti, una errata interpretazione – specie da parte dei media – come se il documento sinodale fosse una impossibile indicazione di un “diritto” al libertinismo individuale dei coniugi circa la separazione e il divorzio… Niente di più errato! Invece si deve andare incontro a chi ha sbagliato con misericordia lasciando ai pastori locali la responsabilità di discernere caso per caso. Invita le comunità ecclesiali a non lasciare soli o discriminare coloro che soffrono. Anche perché sia accessibile e visibile la prospettiva della pienezza della salvezza anche per loro.
23 aprile
Dopo la presentazione delle comunità locali scandita da calorosi applausi e “cori da stadio” – particolarmente “festoso” quello per la neonata Comunità di Cracovia in Polonia – in un clima di preghiera che evoca il Cenacolo, Maria si fa presente, accolta da un lungo e armonioso canto in lingue. Entra con delicatezza nelle lacerazioni di ogni cuore e la sua materna dolcezza avvolge la Comunità.
Ci mostra il Figlio: “Fate tutto quello che Lui vi dirà”. Veniamo così condotti nella profezia del Convegno, in cui la lode ha la sua centralità. La lode è il seme da cui è stata generata la Comunità Maria, e ora, a sua volta, la Comunità genera nella lode: si identifica in Maria e nella lode si fa “madre”. Lodare nello Spirito dilata il cuore e porta frutto, cioè fa nascere i carismi. Lodare con tutto il cuore converte, libera, guarisce dai mali fisici e spirituali. Fa scaturire il perdono. La lode è luce, è vita, è una manifestazione concreta dello Spirito. Lo Spirito crea, la lode crea!.
Il nostro cuore diviene la “grotta di Betlemme” che, pur nel “gelo” offre al Signore una mangiatoia che lo accoglie. E allora avviene un’importante “modulazione” nella preghiera. La Madre passa il “testimone” a Gesù stesso che ci chiama alla purificazione del cuore, da ciò che ancora non ci rende liberi nel nostro rapporto col Signore. Nel canto di Mosè accogliamo l’invito a “togliere i calzari”, togliere, cioè, quelle sottili patine che ci separano dal “sacro” che ci avvolge per non rendere vana la profusione della grazia di Dio in noi.
E, infine, dalla bocca delle sorelle di Cracovia, arriva l’invito che ci riporta alle origini della chiamata in Comunità: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura…» (Mc. 16,15-20)
Per quei misteri insondabili racchiusi nel cuore di Dio, anche la Comunità ha “trovato grazia” presso di Lui, come Maria all’annunzio dell’Angelo. La gratuità della Grazia suscita un senso di timore!.
Ad un uditorio interessato ed attento, ne parla Don Fabio Bartoli nella Relazione che pubblichiamo di seguito.
Tra i misteri insondabili di Dio c’è l’Eucaristia, uno tra i più profondi della nostra fede, impossibile a penetrare con la mente: un Dio che si fa “pane” e si rende “visibile”. No, la mente non può penetrare questo mistero, ma lo penetra lo spirito che, inspiegabilmente, intensamente si sente attratto dalla luce vivissima che ora palpita sull’altare. Docilmente si fa plasmare in una corrispondenza d’amore vissuta nell’intimità, non traducibile in parole. Alla Sua presenza, tutto trova una sua dimensione, una sua armonia: la dolcezza dei canti, la preghiera, il silenzio. E il Signore si china su questo popolo che si prostra per adorarlo. Sempre più intimo si fa questo rapporto d’amore.
Sempre più reale la simbiosi tra Creatore e creatura, cui partecipa Maria. Dalle tenebre alla Grazia, dalla paura alla gioia, dalla tristezza alla felicità. Il Signore benedice, trasforma e guarisce. E continua con le sue promesse di “restaurazione”: “In quel giorno radunerò gli zoppi, raccoglierò gli sbandati e coloro che ho trattato duramente. Degli zoppi io farò un resto, degli sbandati una nazione forte. E il Signore regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre. E a te, Torre del gregge, colle della figlia di Sion, a te verrà, ritornerà a te la sovranità di prima, il regno della figlia di Gerusalemme”. (Mic 4,6-8)
Quarant’anni di convegno nella vita della Comunità Maria! – esordisce Padre Ermete Aceto salendo all’altare dove si appresta a officiare la Santa Messa. E continua: “Quello che viene subito dopo questo pensiero è la gratitudine. Diciamo grazie al Signore, sempre. Dobbiamo farlo ogni giorno, ogni momento, ma in modo particolare in queste occasioni. E perché la nostra preghiera possa essere gradita al Signore, chiediamo ancora l’intercessione di Maria che ci ha accompagnato sempre in questo cammino. È Lei che ci ha essere docili all’azione dello Spirito”, Lei che ci ha fatto conoscere Suo Figlio, grazie al quale abbiamo incontrato l’Amore di Dio, l’Amore trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
Nel pronunciare queste parole, la voce di Padre Ermete, vibra di intensa commozione.
La celebrazione prosegue secondo il rituale quando all’improvviso succede qualcosa di imprevisto: sotto una pioggia scrosciante, si interrompe l’erogazione della corrente elettrica. Si spengono le luci, tacciono i microfoni.
Dopo l’iniziale brusio di meraviglia, si stende sull’assemblea un silenzio denso di attesa. Pochi attimi, poi Padre Ermete riprende il suo Uffizio, come se niente fosse e quell’evento che sembrava destinato a creare scompiglio o quantomeno disagio, si rivela provvido di benedizione e di Grazia: i lettori designati a proclamare la Parola di Dio “lanciano la voce” come attori consumati sulle scene, e ugualmente avviene con i fratelli impegnati nelle preghiere dei fedeli. Particolarmente toccante il clima in cui si è svolto l’offertorio: probabilmente chi occupava la zona retrostante della tenda non avrà sentito le parole con cui venivano accompagnate le offerte all’altare, ma forse mai offertorio fu seguito dai presenti con tanta devozione e raccoglimento.
Chiediamo al Signore di effondere il suo Spirito per rinnovarci, per farci rinascere come figli della luce, come siamo rinati nel Battesimo. Che tutta questa grazia che ci è data possa rinnovare la nostra vita, la vita della Comunità, la vita della Chiesa. – conclude Padre Ermete alla fine della celebrazione. E il Signore promette: “Io faccio nuove tutte le cose”.
24 aprile
Aleggia nell’assemblea un clima di gioia e di attesa. Il Signore prodiga una straordinaria effusione dello Spirito, una Grazia destinata a restare, perché possa cambiare la storia personale di ognuno nel momento in cui ognuno si fa toccare e convertire da questa Grazia. Tangibile, anche, una sorta di “avvento” nell’attesa che si rendano manifesti i frutti di quel “cuore nuovo” che è stato annunciato.
Canti, balli, inni di lode e di ringraziamento, ma anche lacrime di gioia esprimono una fraternità veramente sentita e al canto del Padre Nostro, spontaneamente scaturisce il desiderio di stringerci tutti in un abbraccio. Le nostre mani, le nostre braccia diventano le mani e le braccia di Gesù. Questi sono i momenti forti nella vita comunitaria, tempo di Grazia in cui lo Spirito concede a piene mani tutti i suoi doni.
Assistiamo ancora, e sempre con lo stupore delle prime volte, a guarigioni e liberazioni. Ai piedi della Croce sono bruciati i vizi che ci rendono schiavi del peccato:
“…Vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli e vi darò un cuore nuovo e porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi”. (Ez 36,25-28)
Tanti fratelli, in assorto silenzio, formano lunghe file per accostarsi al Sacramento della Riconciliazione, mentre coloro che ne hanno il mandato pregano sui fratelli bisognosi, imponendo loro le mani nel nome di Gesù. Noi siamo suoi, gli apparteniamo. La profezia stessa del Convegno assume sfumature personali: al nome di Maria, aggiungiamo quello di ognuno di noi: “non temere…, hai trovato grazia presso Dio.”
Molti fratelli, in queste parole rivivono il momento della loro chiamata. La storia della Comunità Maria è la storia di una moltitudine di piccole storie inserire nella storia più grande che si chiama VOCAZIONE ALLA COMUNITÀ MARIA.
Strano come il Signore talvolta si diverta a “mescolare le carte”, a mettere insieme storie e persone apparentemente diverse tra loro per poi condurle attraverso un filo sottilissimo ad una armoniosa convivenza di eventi che hanno in comune un insospettabile denominatore: la volontà di Dio. Questa è la considerazione che nasce ascoltando le testimonianze rese al Convegno da Padre Sebastiano Paciotti, da Nicola Mancuso, da Padre Andrzej Gukowski e da Gaspare, un giovane fratello della Comunità Maria di Cracovia.
Padre Sebastiano, assieme alla vocazione a seguire il Signore nella vita consacrata, scoprirà anche un “legame” con la Comunità. Legame che si rivelerà in tutta la sua profondità proprio nel momento in cui non potrà più viverla. E vi tornerà dopo 27 anni di “bruciante desiderio” chiamato in modo inequivocabile dal Signore a questa… vocazione nella vocazione!
Nicola, al contrario, vive un indomito spirito di avventura che lo porterà, già all’età di 16 anni, ad imbarcarsi sulle navi mercantili.
Dovrà fare spesso i conti con l’irruenza istintiva di un carattere che non conosce mezzi toni. E anche lui, dopo un periodo in cui la Comunità “gli sarà tolta”, diventerà strumento inarrestabile per la sua rifondazione. Un canale di linfa vitale, rigogliosa, feconda.
Sebastiano e Nicola, senza conoscere nulla l’uno dell’altro – uno viene dal nord e l’altro dal profondo sud – ad un certo momento della loro vita approdano alla Comunità Maria nei rispettivi luoghi di residenza: a Roma il primo, a Messina il secondo e lì, entrambi, scoprono il vero volto di Cristo, o forse sarebbe più corretto dire “il vero cuore di Dio” e, d’istinto, s’immergono in quella sorgente d’acqua viva che è la realtà carismatica. Ma entrambi, per quegli strani percorsi che la vita riserva quando uno meno se l’aspetta, vengono privati della Comunità. “Me la sono sentita strappare dalle mie viscere” – dirà uno.
“ho sentito la mia vita spezzarsi.” – dirà l’altro Ecco il filo rosso che attraversa queste due esistenze così diverse tra loro per temperamento, condizione, ruolo: il dolore viscerale provato quando gli eventi li hanno tenuti lontani dalla Comunità. Si sono sentiti senza casa, senza famiglia, senza gioia …senza …senza …senza qualcosa che prima era parte di loro e adesso questa parte di loro …non era più in loro. Forse per primi avevano intuito una verità su cui il Signore oggi accende la luce della nostra consapevolezza: la Comunità Maria è una autentica vocazione.
La nuova Comunità Maria di Cracovia è il dono, il mistero dell’Amore di Dio ancora da comprendere nella sua ampiezza e speranza e Padre Andrezj prova a darci le coordinate per capire e sperare.
E sempre da Cracovia ecco la testimonianza di Gaspare, che a lungo aveva cercato Dio nella semplicità e nella potenza della preghiera carismatica:
“Mi chiamo Gaspare. Dodici anni fa ho ricevuto l’Effusione dello Spirito Santo e questo ha rappresentato un’autentica rivoluzione nella mia vita. Ho sperimentato un totale rinnovamento spirituale e ho fatto esperienza dei carismi dello Spirito Santo. Ho sperimentato allora una grande libertà nella preghiera.
Purtroppo, dopo questa germinale esperienza, il gruppo si è sgretolato e son rimasto completamente solo, senza nessuna guida o riferimento per andare avanti.
Ero molto triste, smisi di pregare nello Spirito e mi sentii sprofondare nel baratro della disperazione. Con alcuni amici tentammo, allora, di fondare una sorta di Comunità carismatica, perché questa esperienza mi era rimasta nel cuore, ma non c’era nessuno che avesse esperienza e che potesse guidarci, per cui sorse quasi subito tanta confusione. Purtroppo in Polonia si è ancora molto prevenuti e in alcuni ambienti ecclesiali si dice che il Rinnovamento non sia una cosa buona, perché non viene da Dio.
Però io, con l’andare del tempo, prendevo consapevolezza che in me cresceva la sete di qualcosa di più e di diverso, ma non riuscivo a dare un nome a tutto ciò. A volte incontravo chi aveva avuto qualche esperienza carismatica e cercavo di spiegare i miei dubbi, i miei desideri, ma nessuno riusciva a darmi risposte convincenti.
Poi è arrivato il momento in cui conobbi padre Andrzej. Ne scaturì un tempo che diede tanti frutti. E molti ritrovarono la speranza di poter vivere una preghiera libera cominciando a svegliarsi alla vita nuova.
Però anche questa volta, pian piano i responsabili del gruppo iniziarono a rigettare questa esperienza, ritenendo anche loro che non venisse da Dio. Io mi trovavo in un conflitto interiore molto forte, non sapevo cosa fare e chiedevo aiuto al Signore. E un giorno, mentre pregavo, ricevetti una grande liberazione dal Signore accompagnata da una insolita intuizione: dovevo lasciare quel gruppo e cercare una strada nuova. Andai per l’ultima volta all’incontro e ricevetti una parola scritturale che poi si sarebbe rivelata profetica: alcune persone sarebbero state condotte dal Signore in una realtà completamente nuova. La parola, infatti, diceva: i ciechi andranno in una via sconosciuta.
E due settimane dopo, una decina di persone partirono per il Convegno dello scorso anno: era per loro la profezia sulla Comunità Maria che sarebbe sorta da lì a poco a Cracovia. Poi, in giugno, arrivarono in Polonia i responsabili italiani con don Fabio; pregammo nel centro storico di Cracovia, sotto la finestra da cui si affacciava S. Giovanni Paolo II quando era ancora vescovo di Cracovia. Quella preghiera fu per me un vero e proprio chock: non c’era neanche una chitarra, nessuno che suonasse, il gruppo missionario non conosceva neanche la nostra lingua, ma la potenza di Dio apriva i cuori dei tanti presenti e la preghiera si levava al cielo come se nascesse da un’unica voce!
Durante questi momenti io ebbi l’esperienza dell’incontro con Maria e compresi che era questo il mio posto, la Comunità Maria era il nostro posto.”
Edifica nella fede ascoltare le meraviglie che opera il Signore. Alcuni eventi sembrano verificarsi a caso, naturalmente, per coincidenze occasionali, invece fanno parte di un progetto divino che non sfugge a chi sa stare nell’ascolto dello Spirito. Per questo sembra esortare ognuno di noi ad andare avanti con fede e coraggio, perché ognuno di noi ha trovato grazia presso Dio.
L’Omelia di Mons. Gervasio Gestori è sempre una benedizione di amore fraterno e vicinanza per noi tutti della Comunità Maria.
“NON TEMERE, MARIA PERCHÉ HAI TROVATO GRAZIA PRESSO DIO”. È da questa Parola che prende spunto nella sua omelia. “Ieri come oggi – osserva – la natura umana porta l’individuo a provare paura per ciò che è sconosciuto. Il timore di Maria, all’annuncio dell’Angelo, è molto simile alle titubanze e alle chiusure di noi uomini del XXI secolo.
Ma Maria si sente piena di grazia, crede, e proprio in virtù di questa fede, il suo timore si tramuta in gioia e si lascia docilmente usare dallo Spirito. E come ieri, anche oggi la grazia dello Spirito Santo è in continua azione; è il coraggio, è la forza che muove l’uomo, innamorato di Dio, l’uomo che non conosce ostacoli e non si ferma neanche di fronte alle incertezze e alle precarietà.
È la gioia che porta l’uomo a saper affrontare anche in momenti difficili la vita come il buon Dio vuole donargliela. La sofferenza, gli ostacoli non possono bloccare la nostra gioia, che è l’essenza dell’autentico cristiano, che ha conosciuto quell’amore senza limiti che solo Dio, che è Signore e dà la vita, può donare. Occorre essere docili, ubbidienti allo Spirito Santo e metterci all’ascolto di Colui che tutto può, nei momenti di maggiore dolore. Occorre imparare a fidarsi di Dio. Occorre essere “vino nuovo in otri nuovi:” ecco la conversione. La fede ci illumina. L’amore ci permette di guardare avanti e la carità di donarci ai fratelli.
Sentiamoci tutti, sempre, pieni di Spirito Santo e con il Signore accanto, come Maria, in ogni circostanza, in ogni tempo.
“Non temere, Maria, …non temere, ragazza, non temere giovane, non temere madre, non temere papà, siete pieni di grazia e il Signore è con voi, Amen.”
Con queste parole di paterno incoraggiamento Mons. Gestori conclude la sua omelia che l’assemblea, commossa, accoglie “serbandola nel cuore”.
25 aprile
Con la Benedizione Apostolica impartita da Mons. Scanavino al termine della Celebrazione Eucaristica, cala il sipario sulle giornate di Fiuggi.
Ma se ne alza subito un altro sul mandato che la Comunità ci consegna al termine di questo Convegno che si è rivelato particolarmente ricco di Grazia.
A noi, ora, accogliere e far fruttare l’eredità ricevuta sulla scia di coloro che ci hanno preceduti. Il cammino di fede, in Comunità, è una conversione continua al Signore che ci chiama a sceglierlo e ad amarlo “con tutto il cuore, l’anima e le forze”. Ma è anche “consegna” alla Comunità delle nostre esistenze, con una dedizione e un amore simile a quello di Cristo che “ama la sua Chiesa fino a dare la vita per essa”. E la Comunità è Chiesa.
Questo ci renderà capaci di accogliere la Misericordia e donare Misericordia; questo ci permetterà di volare al di sopra degli egoismi e dei conflitti ed essere operatori di pace autentici, fecondi ed efficaci con la forza dello Spirito Santo.
E con questa riflessione il Comitato di Servizio affettuosamente saluta i convenuti stringendoli in un caldo, simbolico abbraccio.