
41° CONVEGNO INTERNAZIONALE
Siate sempre nella gioia perché Cristo ha vinto il mondo (cfr. Fil 4,4)
La Profezia del Convegno sembra aprire gli animi a orizzonti di immediato compiacimento, ma di fatto essa viene a interpellare profondamente le coscienze e le verità nascoste dell’animo. Per poterla incarnare librandosi nello spazio infinito dello Spirito, bisogna superare gli angusti limiti della mentalità umana e i condizionamenti delle realtà esistenziali, senza però dimenticare che l’amore cristiano è concreto. Lo stesso Gesù quando parla d’amore, ci parla di cose concrete: dar da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati…”E quando non c’è questa concretezza si può vivere di illusioni” (Papa Francesco, omelia di S. Marta 9/1/2014).
La gioia annunciata dal Signore non è una emozione che spartisce radici con l’euforia, non si connota con uno stato d’animo effimero, né si coniuga con una vita scevra da problematiche e sofferenze. Essa è qualcosa di ben più concreto, poiché prende vita dalla croce e si realizza nell’esercizio della fede, della speranza, e della carità, nonostante i possibili disagi e le quotidiane difficoltà. E soprattutto nonostante le situazioni dolorose e drammatiche che talvolta attraversano le nostre esistenze.
La voce corale che ha caratterizzato i vari interventi mette in risalto due aspetti di una stessa realtà:
la necessità di entrare nella paternità di Dio con l’atteggiamento coerente di figlio adottivo;
la responsabilità personale e la determinazione a combattere le attrattive e i compromessi del mondo.
Vincere il mondo, vuol dire incarnare la Parola in termini di amore, di perdono, di fede e di fedeltà per connaturarsi sempre più all’immagine del nostro Creatore. Nel mondo l’uomo ha introdotto tutto ciò che si contrappone a Dio, tanto da trasformalo quasi nel regno del nemico di Dio. No, allora, a tutti quei cedimenti che non fanno di ogni creatura una cellula viva di quell’unico corpo che è la Chiesa di Cristo.
Il Signore rende sempre più salda la sua alleanza suscitando nei cuori un seme destinato a portare frutti di conversione e di carità: la vocazione alla Comunità Maria. A ognuno di noi la libertà e la gioia piena di seguirlo, sulle orme di Maria, in umiltà e semplicità di cuore.
Sulle note del canto “Siate sempre nella gioia”, il 22 aprile 2017 ha avuto inizio presso il Palaterme di Fiuggi, il 41° Convegno Internazionale della Comunità Maria.
Ad accogliere i convenuti, il sorriso e l’entusiasmo di un nutrito gruppo di fratelli. Guardandoli ci si chiede se la Parola che il Signore aveva suscitato per questo incontro sia una esortazione, un suadente invito, un imperativo categorico o piuttosto una profezia già incarnata dalla Comunità: ovunque volti sorridenti e abbracci più che affettuosi dicono manifestamente che è bello ritrovarsi. Che altro può essere questo, se non autentica gioia?
Abbiamo ancora davanti agli occhi l’espressione radiosa del Cds quando a ottobre, con l’autorevolezza che viene dalla Spirito, dopo attento discernimento, aveva partecipato agli animatori riuniti in assemblea nazionale, la Profezia che il Signore consegnava alla Comunità, profezia che non scaturiva letteralmente da referenze scritturali, ma da concetti tratti dalla lettera agli Efesini e dal Vangelo di Giovanni e da tempo confluiti in un noto canto della Comunità. Ma quando una cosa viene da Dio, riesce a “farsi strada” in modo inequivocabile. E sappiamo anche che quando il Signore “manda”, non cessa mai di disseminare sul cammino i segni di conferma dell’atto di fede dei suoi fedeli. E infatti, a pochi mesi dall’inizio del convegno, già si cominciavano a cogliere nelle varie comunità numerosi “rumors”, segni inequivocabili, vere anticipazioni di quanto avremmo vissuto in questi giorni. Ed ecco, ora, la manifestazione della profezia che risplendeva sui volti dei presenti.
La benedizione di Padre Ermete Aceto aveva predisposto i cuori all’ascolto e rinnovato la nostra appartenenza mariana. Silenziosa, ma tangibile, la presenza di Colei che nella potenza dello Spirito introduce il popolo di Dio nella dinamica della Resurrezione, in cui si sperimenta la vittoria sulle fragilità umane: paure, angustie, dolori, sono “immersi e dispersi” nella grazia sovrabbondante che il Signore effonde fin da subito.
In un clima di festa si leva la preghiera, proprio come esorta il padre misericordioso nel passo di Luca:
“…Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso e ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa”. Lc 15, 22- 24
Con la Sua Parola, il Signore si rivela realmente presente, in un rapporto comunitario e personale che si fa sempre più intimo. Stabilisce un vero e proprio dialogo, vivo, intenso con chi lo sa ascoltare, quasi a sottolineare che Egli è una realtà d’amore che vive in ogni creatura, sempre. Commuove la Sua delicatezza: non si impone, ma lascia ai suoi figli la piena libertà di sceglierlo
“Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza;
se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile,
sarai come la mia bocca”. Ger 15, 19
Attraverso Paolo sollecita all’unica scelta possibile:
“E questo voi farete, consapevoli del momento, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti ” Rm 13,11-14
E non perde occasione, soprattutto durante l’Adorazione, di farci crescere nell’esperienza della Sua Misericordia:
“Allora ritornò in sé e disse: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre (…….) ”
“…suo padre lo vide ebbe compassione, gli corse incontro gli si gettò al collo e lo baciò. Lc 15, 15-20
LA LODE
Nello svolgimento del Convegno, la preghiera comunitaria scandisce tempi e contenuti, in alternanza a omelie e insegnamenti, favorendo sempre più profondamente l’esperienza di una Comunità vivificata dalla presenza dello Spirito Santo nell’esercizio dei carismi, che proprio nella preghiera si rendono manifesti. La lode mette in moto una corrente di grazia che entra in ogni coscienza, vince su indolenza, tiepidezza, rassegnazione, sfiducia; fuga dubbi e rancori, sopisce ribellioni, trasforma le abitudini, affina il discernimento, esalta e potenzia doni e carismi.
La lode si fa intercessione, supera gli orizzonti dell’egoismo umano e unisce i cuori in un unico corpo su cui l’amore di Dio agisce. La preghiera purifica, nel senso che fa entrare in quella dimensione di verità che sola può portare all’autentico abbandono nelle mani del Padre.
I SACERDOTI
Altro grande dono di Dio alla Comunità sono i sacerdoti: alcuni camminano fianco a fianco con la comunità, sempre pronti a condividere nell’esercizio del loro ministero i vissuti e le realtà di ogni fratello. Altri, invece, impegnati altrove nell’esercizio del ministero, accorrono sempre solleciti ogni volta che la Comunità si riunisce per qualche evento particolare e con omelie, insegnamenti, relazioni “spezzano il pane“ della Parola di Dio mettendone in evidenza la bellezza, la fecondità, l’efficacia. Sono irrinunciabili punti di riferimento, preziosi e amati annunciatori e amministratori della Grazia divina.
LA MISSIONE
Sull’aria di festa pone l’accento Sua Em.za Rev.ma, il Cardinale Elio Sgreccia, che nell’Omelia sottolinea come tutto il messaggio evangelico si intrecci mirabilmente con il contenuto profetico del Convegno. Commentando le scritture, Don Elio esalta l’invasione della gioia nella comunità degli apostoli, nell’esperienza della resurrezione del Cristo, quella gioia che passa dallo Spirito Santo e che poi è costata tempeste e persecuzioni agli Apostoli. E che ancora costa. Per questo la Chiesa di oggi ha bisogno di sentire in sé la presenza del Risorto, per proclamarlo con coraggio, senza tacere, e poter diffondere lo Spirito in tutto il mondo. E’ una missione difficile, ma possibile, e disposti ad accogliere serenamente ogni realtà: gioie, dolori, crisi morali, fragilità, sconfitte, tribolazioni. Siamo invitati a confrontarci con Dio sempre, nella gestione dei nostri affetti e delle nostre decisioni . Questa è la fede che affonda le radici nella consapevolezza di essere abitati da Cristo, la pietra angolare che regge tutto l’edificio. Così, il battezzato accresce in generosità, vitalità e gioia, le ricchezze gratuitamente ricevute.
Sempre incisiva e feconda la parola del nostro amato Cardinale, diacono di Sant’Angelo in Pescheria di Roma.
LA PACE E LA CROCE
Don Fabio Bartoli, in continuità con la profezia del Convegno, annuncia l’inizio di un’epoca di pace. Con voce autorevole afferma che la guerra contro noi stessi, contro il mondo, contro la nostra esistenza, contro il Padre e la Sua Parola è finita: Cristo ha vinto! Inizia oggi un tempo nuovo, perché viene seminato un futuro di pace per quelli che fanno opera di pace, per quelli che hanno scelto Gesù come Re e Signore della vita. Risuonano diverse profezie in lingue il cui senso è uno solo: “ Chi prende sul serio il Signore vivrà!”.
Nella sua Omelia, Mons. Gervasio Gestori, mette in evidenza che Gesù, appena risorto, annuncia la pace agli apostoli con il saluto di allora – Shalom! – che in questo caso, in Gesù assume il significato di un dono agli apostoli che lo accolgono come Risorto. La pace è frutto della Croce, è perdono dei peccati, è sigillo dello Spirito Santo, è fonte di gioia, perché affonda le radici nella certezza che Gesù è vivo. Questa certezza alimenta la speranza, che altrimenti sarebbe una parola vuota, priva di senso e di significato. Di questa certezza, di questa pace, di questa gioia, di questa speranza che nasce dal perdono, ne abbiamo bisogno tutti, per abbattere in noi i blocchi della solitudine, della depressione, della noia che spengono la vita o rendono apparente e falsa qualunque forma di allegria radicata nel sentire umano. Solo in Dio la speranza e la gioia sono autentiche, poiché alimentate dalla Grazia. Talvolta è faticoso credere, lo è stato anche per gli apostoli, ma con l’aiuto dello Spirito Santo si può guardare avanti con coraggio e determinazione, attirati dalla speranza; si può sentire in Gesù l’amico e viverlo come certezza, come Colui che sarà con noi tutti i giorni della nostra vita, fino alla fine del mondo.
LA GIOIA CRISTIANA
Anche Mons. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo metropolita di Bologna, nella sua Omelia parla di gioia e sottolinea la radicale differenza che connota il concetto di gioia, secondo la mentalità del mondo e nell’accezione cristiana. Per il mondo la gioia è possibile in una totale assenza di difficoltà, per il cristiano scaturisce dalla consapevolezza di essere i figli adottivi di Dio e dal privilegio di poterlo chiamare PADRE! Solo attraverso lo Spirito è possibile crescere in questa dimensione e solo attingendo alla Parola di Dio possiamo entrare nella dinamica di questa realtà che altrimenti sarebbe impenetrabile alle nostre coscienze. E’ importante, allora, fondamentale, attingere alla Bibbia per capire la Parola e imparare ad ascoltarla.
la gioia, ma Papa Francesco ci sollecita: la gioia c’è sempre; anche nelle grandi difficoltà la gioia rimane, perché è lo spiraglio di luce che illumina le tenebre, anche le più grandi. La gioia del mondo è senza croce, ma la vera gioia è sentirsi infinitamente amati da Dio e scaturisce dal privilegio di averlo come Padre . E noi, che continuamente ne facciamo l’esperienza, portiamola sempre con noi e trasmettiamola a chi ancora non la conosce. Non abbiamo paura: la gioia si trasmette già attraverso il volto!
MARCO 16
Sì, la gioia si trasmette attraverso il volto, per questo chi ha incontrato il Signore ne diventa testimone – afferma Padre Ermete Aceto durante la Celebrazione Eucaristica. A lui il compito storico di concludere anche il 41° Convegno della Comunità Maria. E lo fa lasciando alcuni spunti di meditazione che dovrebbero diventare stimolanti compagni di viaggio per il tempo che ci attende. Non è una strana coincidenza se la liturgia di oggi, celebrando S. Marco, propone il brano del Vangelo su cui fu fondata la Comunità Maria nel lontano 1976:
“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura (…) e questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono ( … ) : imporrete le mani ai malati ed essi guariranno …” Mc 16, 14-20
I primi che iniziarono questo cammino nella CM avevano preso molto sul serio queste parole del Signore. Non facevano che ripetere ai fratelli: “Leggi Marco 16!”. Era un imperativo categorico! – ricorda Padre Ermete che ama stemperare in una aneddotica amena e apparentemente sorniona, le idee forti della sua predicazione, quando esse interpellano in prima persona le coscienze.
Di fatto sta sollecitando tutti ad un impegno personale attivo e responsabile.
La Parola di Gesù è efficace – continua – perché Lui dall’alto agisce: è distante, ma nello stesso tempo vicino. “Questa è veramente una Parola da prendere sul serio. Chiedete al Signore la potenza dello Spirito! Ripartite sotto il Suo comando e la Sua ispirazione! Fatevi sottovento, siate sempre nel Suo soffio vitale, fatevi conquistare dalla Sua forza! E chiediamo al Signore una fede forte coerente, carismatica, quella fede che diventa testimonianza, vita e che, messa al servizio, diventa carisma. Sostiene la speranza, la trasmette, la comunica”.
Pronuncia queste parole, col fervore di una esortazione che a tratti raggiunge i toni di un vigore in lui inusitato. E, quasi a voler convincere con esempi concreti, ricorda come, nel giro di pochissimo tempo, “la fiamma del Rinnovamento Carismatico Cattolico abbia raggiunto gli estremi confini della terra, perché, in qualche modo, riportava questo annuncio nella sua orbita primitiva”.
IL MANDATO
Ma Padre Ermete va oltre: con l’autorità che gli viene da Dio rinnova alla Comunità il mandato consegnato alla Chiesa.
Dobbiamo tener conto della realtà che ci circonda, e alle persone che incontriamo dobbiamo testimoniare il dono della speranza che abbiamo ricevuto e metterla al sevizio dell’umanità, perché anche questa diventi un carisma. E’ la testimonianza di quella carità che ci è stata donata e che in vari modi è condivisa tra noi. E’ così che si diventa Chiesa, un corpo solo, un’anima sola – Ma questo è possibile – continua Padre Ermete – solo mettendoci alla sequela di Maria. E’ stata Lei la prima “Evangelista”, Lei che, piena di Spirito Santo fin dal concepimento e sovrabbondante di grazia, ha testimoniato al mondo la gioia della salvezza; Lei la prima Apostola che nel Cenacolo ha raccolto attorno a sé l’eredità di suo Figlio, la Chiesa. Seguiamola ,dunque, nella preghiera, nella fede, nella carità, nell’abbandono allo Spirito e, vedremo Gesù agire insieme con noi e confermare l’annuncio coi segni tangibili della Sua presenza.
Amen.