La Comunità Maria è nata nell’autunno del 1976 dalla preghiera di lode di alcuni fratelli, dediti da anni al rinnovamento carismatico e desiderosi di fare di tutta la loro vita una continua preghiera di lode. La lode apriva i loro cuori alla gloria di Dio e la gloria di Dio mistero d’amore, di luce, di potenza creatrice di vita eterna, si manifestava in loro.
Dalla profezia (Mc 16,15-18) da un popolo tuttora "in cammino". Presentiamo la storia della nascita della Comunità Maria traendola dal libro "Saranno il mio popolo - Cammino di una comunità carismatica". L'autrice del libro, Jacqueline Dupuy Ancillotti è stata, per Grazia di Dio, la co-fondatrice della Comunità Maria, assieme al marito Alfredo Ancillotti.
Questa coppia di sposi si è docilmente resa strumento dell'Amore di Dio, per seguire una profezia riconosciuta come Sua volontà, per il Bene delle Sue Creature.
Attorno a questi primi testimoni della Verità in essa contenuta, si è radunato un Popolo, la Comunità Maria, che ha intrapreso Il Santo Viaggio verso la salvezza, utilizzandola come una novella "arca di Noè".
La Comunità Maria è ancora disponibile oggi, per chiunque desideri una vera conversione, per vivere il cammino della propria vita verso la salvezza, sulle strade tracciate e custodite da Dio.
Straordinaria semplicità di una nascita
<<Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi...>> Da quando avevamo cominciato a lodare Dio ad alta voce con le parole che uscivano spontanee dal nostro cuore e ad offrirgli, senza falso pudore, la nostra povertà accorrevano i malati, gli sbandati, gli afflitti e tanti che sentivano il bisogno di essere salvati. Avevamo iniziato in pochi e di settimana in settimana il flusso dei nuovi aumentava. Meravigliati vedevamo questi poveri, afflitti, ammalati trasfigurati dal suo amore così intenso che tutto il resto scompariva. Il popolo, le braccia alzate, non sapeva più che pensare e dire: Lode e gloria a te, Signore...
<<Tutti furono ripieni di Spirito Santo...>> Cercavamo di accogliere tutti i fratelli, di far sentire al loro cuore l’amore del Padre. Venivano per partecipare a questa preghiera così semplice ed insieme misteriosa per i suoi potenti effetti. Eravamo ancora pochi animatori e molto sprovveduti, ma proprio in questo stava la nostra forza. Dicevamo al Signore: “Fai tu...ecco il tuo popolo, parlagli Tu, metti nella sua bocca la Tua preghiera”. E il Signore ci veniva incontro. Lode e gloria a te, loda e gloria a te. La lode scendeva dalle labbra al cuore, penetrava nella folla, esplodeva nell’attesa del dono che sarebbe stata la preghiera quel giorno.
<<Lo Spirito del Signore...>> riempiva l’assemblea della sua pace. Poi, improvvisamente, s’impadroniva della nostra lode e la sosteneva con le sue armonie sconosciute, i suoi “gemiti ineffabili”; un parlare nuovo usciva dalla nostra bocca. Questo canto misterioso aveva potenti effetti. Giovani entrati per deridere o contestare venivano afferrati dallo Spirito, si mettevano anche loro a cantare e, in quel momento, incontravano Gesù.
Prendevamo più chiaramente coscienza dell’opera di Dio al momento delle testimonianze. Da dieci, vent’anni, trenta, cinquanta anni non frequentavo più i Sacramenti della Chiesa. Ero un bestemmiatore. Il Signore mi ha cambiato il cuore. Ho fatto pace con mio marito. Ho fatto pace con i miei parenti. Ho rotto con lo spiritismo. Non prendo più la droga".
<<Se non diventerete come bambini …>> Per rispondere ai numerosi quesiti, alcuni, dopo l’ultimo canto, si dedicavano a dare spiegazioni sulla nostra preghiera. Tutto il tempo che ci radunammo nella grande palestra delle Suore Pallottine, fu messa a nostra disposizione la sala dell’asilo. A qualunque età, con qualunque titolo nella società degli uomini, tutti si sedevano sulle seggioline dei piccoli mentre Gesù Maestro ricordava la condizione per accogliere il suo Regno “Se non cambiate e non diventate come bambini...”. Anche se alcuni di noi avevano studiato teologia, il nostro discorso non si fondava su conoscenze scientifiche. Erano più efficaci alcune parole semplici ma profetiche, proferite spesso dal più piccolo.
<<Nel nome di Gesù…>> Ma voi, in nome di chi fate queste cose? La risposta che in genere soddisfaceva, dava più ampie precisazioni sulle nostre relazioni con l’autorità ecclesiastica. Ma la risposta a tale domanda non si esauriva in una semplice informazione, giungeva fino alle fondamenta della vita cristiana. Un giorno la Chiesa ci aveva battezzati; Gesù attraverso la Chiesa ci aveva inseriti nella sua missione: “Annunciate il Vangelo ad ogni creatura... e questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono, nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove...imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16, 15-18).
<<Collaboratori di Dio…>> Con il passare del tempo si era formato un gruppo abbastanza affiatato e folto di animatori impegnati a rispondere ai bisogni della grande assemblea, a promuovere i seminari di preparazione all’effusione dello Spirito Santo e i corsi di crescita della vita carismatica, a compiere missioni che comincia-vamo a svolgere in altre città. Il Signore ci offriva prima di tutto questa comunione carismatica; ci insegnava ad agire sempre nel Suo nome. Ogni decisione, ogni orientamento del gruppo non era frutto del pensiero di una persona, ma della preghiera di molti che si confrontavano fra di loro. “Dove sono due otre riuniti nel mio nome. Io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Ci credevamo e vedevamo la Sua luce sprigionarsi dalle nostre fragili persone...In questa avventura imprevedibile e irraggiungibile con le nostre forze, ci aiutava Maria. Ci insegnava a lasciarci guidare dallo Spirito. Per questo Le avevamo affidato il nostro gruppo di preghiera chiamandolo Maria, e così si sarebbe chiamata la futura comunità.
<<Se dovessi camminare in una valle oscura...>> Con il Congresso Internazionale svoltosi a Roma alle Catacombe di San Callisto e l’udienza di Paolo VI, il giorno di Pentecoste 1975, il Rinnovamento Carismatico raggiungeva il grande pubblico. I giornali descrissero con stupore la marea di gente cosmopolita che lodava Dio, con le braccia alzate, e riempiva la Basilica di San Pietro di canti in lingue. La palestra delle Suore Pallottine era diventata troppo piccola per accogliere i fiumi di persone curiose di assistere alla nostra preghiera. Il gruppo si trasferì nella chiesa di Sant’Ignazio. e, di settimana in settimana, l’affluenza aumentava; da mille persone a millecinquecento a circa duemila. Eravamo sempre gli stessi animatori, piccoli, poveri. Camminavamo sulle acque guardando solo Gesù. La grande chiesa di Sant’Ignazio era aperta al pubblico, e gli articoli della stampa continuavano a richiamare i curiosi. Una parte di questi percepiva la potenza dello Spirito Santo; ma un’altra parte, venuta per informarsi, osservava dall’esterno il “fenomeno” carismatico. Sentivamo una forza di disgregazione in mezzo a noi, un moltiplicarsi di interessi che non erano più l’unica lode del Signore. Diventava impossibile seguire e curare personalmente tutti. Vivevamo la parabola del seminatore che getta il buon seme su tutti i terreni. Solo il Signore avrebbe fatto crescere e avrebbe raccolto...Rimanevamo nell’ascolto in attesa che il Signore stesso ci dicesse come muoverci.
Egli ci venne incontro con un altro dono: un viaggio negli Stati Uniti. Gli iniziatori del Rinnovamento Carismatico Mondiale invitavano alcuni animatori italiani, tra i quali i due iniziatori del Gruppo Maria, a partecipare al Congresso Annuale di Southbend e ad un corso di crescita nella vita carismatica. L’esperienza dei fratelli americani ci confermò tutto quello che il Signore ci aveva detto in preghiera. Non c’era dubbio; era venuta l’ora di far nascere alla luce ciò che già da tempo portavamo nel cuore, di dedicarci senza paura alla fondazione della Comunità Maria. Con l’esperienza già acquistata, avremmo ricominciato tutto da capo nella semplicità e libertà dei primi tempi.
Erano quattro le case dei fratelli in cui ci radunavamo per pregare. Di casa in casa ci comunicavamo le parole che il Signore ci aveva rivolte. Non si contraddiceva, ma trasmetteva a tutti noi lo stesso messaggio “Non temere piccolo gregge”.
Spesso ci ritrovavamo tutti insieme, stretti stretti nello stesso appartamento. Aprivamo la Bibbia: alla luce della storia della salvezza, la nostra piccola storia entrava nella dinamica divina. Nella nostra semplicità, ma guidati dalla Parola di Dio, stavamo iniziando una riflessione teologica...
La sua struttura, per il momento, si limitava ancora alle piccole comunità che si radunavano nelle case. Erano loro le cellule madri di tutti i futuri sviluppi. Ci sembrò giusto chiamarle “comunità famigliari” perché non superavano la dimensione di una famiglia: una famiglia nata non da sangue, né da volere di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio”. Il Signore ci insegnava a nominare ciò che stava creando sotto i nostri occhi; e ne prendevamo subito nota. Così, dopo un po’, ci trovammo tra le mani una specie di “documento” della Comunità...
<<Portarono il Bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore...>> Avevamo un amico nel Vescovo di Frascati. Egli ci conosceva personalmente attraverso il gruppo carismatico formato nella sua Diocesi. Il nostro grande amico lesse con benevolenza dalla prima riga all’ultima le “Linee caratteristiche” della Comunità Maria e ci aggiunse alcuni commenti positivi insistendo sul fatto che le opere di Dio nascono sempre in mezzo alle difficoltà...Il Vescovo trovò il nostro documento conforme alla Dottrina della Chiesa. "Andate avanti! Concluse... Dio stesso provvederà".
Intanto la lieta notizia della comunità nascente si spargeva velocemente. La parola “comunità” scioglieva i cuori; aprivano le loro case, la loro intimità. Alla fine dell’estate si erano costituite a Roma una decina di comunità famigliari. Un giorno, due di noi, incontrarono nella Chiesa della Traspontina una sorella che non avevamo visto da tanto tempo. Era approdata al Gruppo carismatico dopo aver perso successivamente il marito, il suo unico figlio e il fratello. L’incontro con Gesù l’aveva risuscitata...disse che aveva arredato nel suo albergo una sala conferenza sotterranea: la metteva a nostra disposizione. Il dono della sede segnò una svolta nella storia della Comunità. Scegliemmo il giovedì come giorno per la nostra riunione settimanale. Tutti furono invitati. Attorno alla tavola eravamo una trentina: le persone più eterogenee di cultura e di età che non si sarebbero mai incontrate per gli interessi del mondo.
L’esperienza spirituale del giovedì si trasmise presto alle comunità famigliari e le plasmò nella loro fisionomia propria. I fratelli, nell’intimità, l’approfondivano, incarnavano l’unità carismatica. Il nuovo carisma con il quale identificavamo sempre più il carisma della comunità, raggiunse poi i gruppi che erano nati nelle parrocchie. Animati dalle comunità famigliari, ricevevano la stessa linfa.
<<Alzati, rivestiti di luce...>> Un pomeriggio due fratelli si trovavano nel centro archeologico di Roma e i loro passi, come se fossero guidati, li condussero alla vecchia chiesa di Sant’Angelo in Pescheria. Costruita nel mezzo del Portico d’Ottavia, aveva ospitato il gruppo per tre sabati, ma in seguito, a causa del tetto che era pericolante, avevamo dovuto rinunciare a riunirci là. Alcuni però avevano sentito fortemente in profezia "Tutto è possibile a Dio". Sant’Angelo era la chiesa ideale per noi; con le sue vecchie mura, le sue colonne antiche, ci collegava ai primi tempi del cristianesimo; né troppo piccola né troppo spaziosa permetteva a tutti di intervenire senza microfono. E si stava così bene sotto le ali dell’arcangelo San Michele che in fondo all’altare maggiore era ritratto nell’atto di cacciare il grande drago.
Chiediamo Sant’Angelo al Rettore? Il rettore a quell’ora del pomeriggio non c’era mai. Se fosse stato presente era già un segno. Il rettore si trovava a casa, sembrava quasi che ci aspettasse. Le tegole pericolanti erano state tolte. Egli non vedeva alcuna difficoltà a mettere la chiesa a nostra disposizione. Non potevamo però radunarci in una chiesa di Roma senza la benedizione del nostro Pastore. Con chiarezza gli illustrammo la fisionomia e il fine della Comunità Maria, le circostanze in cui era nata. Egli lesse attentamente “Le linee caratteristiche” della Comunità. Il Cardinale le commentò positivamente dandoci preziosi consigli.
<<Il sabato 13 novembre 1976>> la comunità romana si riuniva per la prima volta nella chiesa di Sant’Angelo in Pescheria. Era una giornata gelida; l’antica chiesa con l’umidità dei secoli e le correnti d’aria da un vetro rotto all’altro sembrava un frigorifero; ma la nostra gioia avrebbe fatto sciogliere qualunque ghiaccio. Eravamo liberi! Liberi di lodare il Signore con le parole spontanee e i canti in lingue che uscivano dal nostro cuore, liberi di portare la testimonianza delle sue grandi opere, liberi di riunire insieme tutte le comunità sparse per la città affinché la potenza di Dio si potesse sprigionare dalla loro comunione, liberi di contemplare nella pienezza il volto della Comunità Maria.